L’interessante intervista dell’on Richetti sul perché della sua mancata candidatura alla presidenza dell’Emilia Romagna, al di là dello sfogo personale per le diatribe interne di quel partito (sul quale non intendo entrare) offre un interessante spunto per comprendere e confermare dal punto di vista del Centrodestra lo spirito che caratterizza ancora oggi il PD regionale, condizionato da una struttura burocratica e funzionariale cresciuta nel solco del vecchio PCI-PDS e, checché se ne dica, ancora presente e determinante. E’ chiaro che in un momento come l’attuale, in cui anche in Emilia Romagna si sentono pesantemente gli effetti della crisi economica, occorre una vera e propria riscossa che parta dalla messa in discussione delle scelte di governo fatte fin qui dal vecchio gruppo dirigente della sinistra, scelte sicuramente non più utili (se mai lo sono state) ad affrontare le emergenze nuove di una regione come la nostra. Il mantenimento dello stato sociale con la cooptazione però del privato sociale, una nuova politica di integrazione e difesa dell’identità, la laicità delle istituzioni di fronte ad un sistema partito che tutto comprende, l’aiuto alle imprese e non solo al sistema cooperativo (oggi in grossissima difficoltà ) come possono conciliarsi con una classe dirigente allevata nel culto tradizionale del “pubblico “Tout cour”? Non a caso Il candidato vincente alle cd primarie snobbate da moltissimi iscritti ed elettori (dato da non sottovalutare) è espressione di quella cultura e non mi pare che il suo programma “continuista” si caratterizzi per particolari novità. Da qui parte la sfida che il centrodestra dovrà affrontare consapevole di alcuni propri limiti del passato, ma deciso a farsi carico di una richiesta di cambiamento forse vaga ed indeterminata ma generalizzata ad ogni livello della nostra società.