Pdl Garagnani (parità scolastica)

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del deputato GARAGNANI

Modifiche alla legge 10 marzo 2000, n. 62, concernenti l’attuazione del progetto educativo delle scuole paritarie e l’istituzione di un Fondo per la parità scolastica

ONOREVOLI COLLEGHI! – La legge 10 marzo 2000, n. 62, ha conferito una conformazione unitaria al sistema nazionale di istruzione, prevedendo che esso sia costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.
In conseguenza, sono stati definiti i requisiti e gli obblighi delle scuole che richiedono il riconoscimento della parità, alle quali, nel rispetto della piena libertà di orientamento culturale, di indirizzo pedagogico-didattico e di progetto educativo, si richiede di impartire un insegnamento improntato ai princìpi di libertà stabiliti dalla Costituzione. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, devono accogliere chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, e sottoporsi alle verifiche previste da parte del sistema nazionale di valutazione.
Correlativamente, al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all’istruzione per tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie, la legge ha previsto finanziamenti da erogare alle regioni perché siano utilizzati a sostegno delle spese per istruzione sostenute dalle famiglie.
Anche numerose regioni hanno adottato leggi regionali per il sostegno del diritto allo studio, senza distinzione tra alunni che frequentano scuole statali o istituite da altri enti pubblici o scuole paritarie.
Queste disposizioni hanno rappresentato un passo importante, ancorché non definitivo, verso l’attuazione del principio costituzionale della parità scolastica, in conformità al sistema risultante dagli articoli 33 e 34 della Costituzione, nonché del diritto e dovere dei genitori di provvedere all’educazione dei figli, enunziato dall’articolo 30 della Carta fondamentale, mediante una libera scelta dei contenuti educativi, nel rispetto dei princìpi su cui si fonda l’ordinamento della Repubblica.
In particolare, infatti, l’articolo 33 della Costituzione attribuisce alla Repubblica il compito di dettare le norme generali sulla istruzione e di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi, allo scopo di assicurare con ciò a tutti i cittadini il diritto all’istruzione, garantito dal successivo articolo 34.
Contestualmente alla disciplina dell’istruzione pubblica, e quindi in una prospettiva unitaria, lo stesso articolo 33 riconosce il diritto dei soggetti diversi dallo Stato ad istituire e gestire scuole e istituti di educazione e prevede la possibilità che tali scuole possano ottenere il riconoscimento della parità rispetto alle scuole statali. A garanzia della qualità dell’insegnamento, la Costituzione attribuisce alla legge dello Stato la competenza a fissare i diritti e gli obblighi di tali scuole, assicurando ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
Il secondo comma dell’articolo 33 della Costituzione afferma: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
L’interpretazione di questa norma è assolutamente chiara e univoca. I soggetti diversi dallo Stato (che possono essere enti pubblici, in particolare i comuni, o soggetti privati) che istituiscono una scuola non conseguono per questo automaticamente il diritto a percepire contributi dallo Stato.
La norma, tuttavia, non preclude in alcun modo la possibilità che lo Stato o un altro soggetto pubblico (regioni, province, comuni), riconoscendo che l’istituzione scolastica non statale coadiuva lo Stato nel conseguimento del fine pubblico di dare piena attuazione al diritto allo studio, attribuisca alla scuola stessa o agli studenti che la frequentano, ovvero alle loro famiglie, contributi o altre forme di sostegno per lo svolgimento dell’attività di istruzione.
Sarebbe del resto paradossale che, a fronte dei contributi finanziari e delle agevolazioni che lo Stato concede a soggetti privati per lo svolgimento di attività nei più vari settori (ad esempio l’industria, la ricerca scientifica, le istituzioni culturali), soltanto la scuola risultasse esclusa per principio dall’applicazione di misure fondate sul riconoscimento dell’interesse pubblico insito nell’apporto dato da soggetti privati al raggiungimento di finalità d’interesse sociale.
Che tale sia anche l’intendimento che la formulazione della norma costituzionale era volta ad esprimere fin dalla sua origine, risulta con piena evidenza dalle discussioni dell’Assemblea costituente.
La clausola: “senza oneri per lo Stato” venne infatti introdotta con un emendamento d’iniziativa degli onorevoli Epicarmo Corbino, Concetto Marchesi ed altri, approvato nella seduta del 29 aprile 1947 (La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, Roma, Camera dei deputati, 1970, vol. II, pp. 1283-1284), nel corso di un acceso dibattito sulla nozione e sulle condizioni della parità scolastica da accordare alle scuole non statali.
L’onorevole Giovanni Gronchi obiettò che, in materia di educazione e di istruzione, sarebbe stato “estremamente inopportuno precludere per via costituzionale allo Stato ogni possibilità di venire in aiuto ad istituzioni le quali possono concorrere a finalità di così alta importanza sociale”.
Rispondendo a quest’osservazione, l’onorevole Corbino precisò: “noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato”.
Nel medesimo senso si espresse l’onorevole Tristano Codignola (anch’egli firmatario dell’emendamento) dichiarando: “con questa aggiunta, non è vero che si venga ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato a scuole professionali: si stabilisce solo che non esiste un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto”.
È parso opportuno approfondire quest’aspetto, poiché da talune parti si continua a sostenere un’interpretazione dell’articolo 33 della Costituzione fortemente influenzata da un presupposto ideologico unilaterale, che non corrisponde al quadro costituzionale e legislativo nazionale, né considera l’importanza del servizio che la scuola privata rende ai cittadini, integrando le prestazioni garantite dalla scuola pubblica.
È invece opportuno e conforme all’interesse dei cittadini e dello Stato medesimo sviluppare le possibilità di accesso alle diverse forme di istruzione, consentendo la realizzazione di un’effettiva parità tra esse attraverso il sostegno alle possibilità di scelta, tanto più laddove il servizio fornito dalla scuola paritaria integri la mancanza o l’insufficienza delle istituzioni scolastiche pubbliche rispetto alla domanda proveniente dagli studenti e dalle famiglie. Ciò consentirebbe di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritto allo studio attraverso il sistema nazionale di istruzione.
Si propone pertanto una modifica all’articolo 1 della legge n. 62 del 2000, con l’introduzione di una disposizione istitutiva di un Fondo per la parità scolastica, con la dotazione di 50 milioni di euro annui, destinato all’erogazione di contributi per il funzionamento delle scuole paritarie di ogni ordine e grado. La ripartizione del Fondo tra le regioni sarebbe stabilita annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I contributi dovrebbero essere erogati sulla base di convenzioni stipulate tra i dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali e i soggetti gestori delle scuole paritarie per la prestazione del servizio in aree, comprendenti uno o più comuni contigui, nei quali le corrispondenti istituzioni scolastiche statali manchino o siano insufficienti rispetto alle richieste di iscrizione.
Una seconda modificazione proposta riguarda invece la configurazione dell’autonomia didattica delle scuole paritarie private. Il vigente comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 62 del 2000 assicurata ad esse piena libertà  per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico, salvo il principio di libertà dell’insegnamento, stabilito dalla Costituzione, nell’ambito del progetto educativo della scuola e dell’eventuale ispirazione di carattere culturale o religioso cui esso risponde. La legge richiede che le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgano chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap.
In tale contesto, la modificazione proposta prevede che le attività curriculari, le quali presuppongano l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa, costituiscono parte integrante del progetto educativo della scuola.

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

1. All’articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, l’ultimo periodo è sostituito dai seguenti: “Le attività curriculari che presuppongono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa costituiscono parte integrante del progetto educativo della scuola”;

b) dopo il comma 13 sono inseriti i seguenti:

“13-bis. Nello stato di previsione del Ministero per l’istruzione, l’università e la ricerca è istituito, a decorrere dall’anno 2012, il Fondo per la parità scolastica, con la dotazione di 50 milioni di euro annui. Il Fondo è destinato all’erogazione di contributi per il funzionamento delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, allo scopo di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritto allo studio attraverso il sistema nazionale di istruzione, sulla base di convenzioni stipulate tra i dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali e i soggetti gestori delle scuole paritarie per la prestazione del servizio in aree, comprendenti uno o più comuni contigui, nei quali le corrispondenti istituzioni scolastiche statali manchino o siano insufficienti rispetto alle richieste di iscrizione. La ripartizione del Fondo tra le regioni è stabilita con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro il 30 giugno di ciascun anno, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
13-ter. All’onere derivante dall’attuazione del comma 13-bis, pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio”.