La mostra “il PCI nella storia d’Italia” che si sta tenendo a Bologna se da un lato trova una giustificazione nel consenso che quel partito ha sempre avuto nella nostra città, dall’altro e’ un insulto vero e proprio a quelle centinaia di persone -basti citare Fanin, Don Pessina, etc… che, in nome dell’odio ideologico sono state uccise nel periodo 1945-48 , non sulla base di motivazioni personali di qualche esaltato ma, come il caso Fanin dimostra, per ordine diretto dei responsabili del PCI locale che non a caso furono condannati all’ergastolo. Al riguardo non c’è mai stata una esplicita sconfessione del Pci di quei fatti e di quelle responsabilita. Qualcuno potrebbe dire che sto strumentalizzando fatti passati ma la storia è storia e le ambiguità per non dire connivenze del PCI con il movimento comunista internazionale e l’avallo dato ai crimini di Stalin, all’invasione dell’Ungheria ed in genere a tutta la politica estera dell’URSS, non possono essere taciuti come pure l’identificazione del PCI con le tristi esperienze del socialismo reale.
Il fatto poi che i maggiori dirigenti dell’attuale PD provengano da quella militanza dalla quale non hanno mai preso esplicitamente le distanze, conferma ulteriormente l’ambiguità o la falsità di questa mostra ed al riguardo mi chiedo e chiedo ai vari Bersani, D’alema, etc quale sarebbe stato il destino del nostro paese se il 18 aprile avesse vinto il Fronte Popolare, ma ancora oggi c’è reticenza nella sinistra ad ammettere il significato salvifico per l’Italia della vittoria DC del 18 -aprile; ricordo che in provincia di Bologna ancora agli inizi degli anni ottanta vari sindaci e dirigenti comunisti parlavano di “superiorità morale dell’URSS! Se il PD bolognese vuole essere credibile nelle sue affermazioni di distanza dall’esperienza comunista, abbia il coraggio di cambiare la denominazione a quelle vie che recano il nome di personaggi tristemente famosi quali via Stalingrado, viale Lenin, Viale Togliatti.