La beatificazione di Rolando Rivi, il seminarista reggiano ucciso in odio alla fede da partigiani comunisti,conferma la realtà di una parte della Resistenza che non voleva ripristinare la libertà ma imporre un regime “totalitario” al nostro paese,identificando nella Chiesa Cattolica il principale oppositore di questa strategia. Insisto su un problema sul quale sono stato isolato in questi anni anche all’interno del mio partito: non basta dire che “la Resistenza” al fascismo presentò pagine di coraggio e abnegazione accanto a pagine di violenza ed intimidazione: occorre dire con chiarezza che in Emilia Romagna ed ovunque era presente con una certa forza,il movimento partigiano di ispirazione comunista si batteva contro il nazifascismo, non certo per il ripristino della libertà ma per instaurare in Italia un “regime comunista “oppressivo e sanguinario analogo a quelli in vigore nell’Europa orientale. Ancora oggi non si può dire questo perché siamo condizionati in gran parte da una certa mitologia resistenziale che è servita al PCI nel dopoguerra per legittimarsi come forza democratica. La beatificazione di Rolando Rivi ripropone il problema delle vittime della violenza di sinistra in EmiliaRomagna nel periodo 1945-48, oggetto di una mia proposta di legge… mai discussa perché scomoda;desidero precisare che non intendo riaprire Steccati o guerre ideologiche,bensì stabilire la verità storica su quanto avvenuto nel dopoguerra e sottolineo dopoguerra non durante la guerra civile,per dare una risposta ai parenti di migliaia di persone scomparse o uccise che chiedono soltanto di conoscere la verità sulla sorte dei loro congiunti.