In questa intervista rilasciata pochi giorni fa spiego come dal mio punto di vista il lavoro, la scuola e la sanità in Emilia Romagna possono finalmente cambiare rotta.
1.Il candidato PD alla regione tra le sue priorità parla dell’emergenza lavoro, puntando ad arrivare al lavoro stabile. In un contesto come questo non le pare essere un obiettivo piuttosto utopistico?
Sì in una crisi come l’attuale parlare di lavoro stabile mi pare irrealistico soprattutto in un mercato in continuo divenire profondamente mutato rispetto al recente passato; purtroppo la cultura della sinistra e non solo è ancorata ad un modello che non c’è più, ancora conflittuale ed ideologico dei rapporti di lavoro.
2.Quali potrebbero essere due iniziative volte a cercare di appianare la piaga della disoccupazione?
Beh le competenze sono essenzialmente del governo, che al di là delle parole dovrebbe ridurre ulteriormente il costo del lavoro lasciando totale libertà ad imprenditori e loro collaboratori di gestire il loro rapporto con un minimo di regole generali valide per tutti.
3.La scuola e il lavoro. Un gap ancora più accentuato in questo periodo di crisi. Secondo lei ci sono dei progetti che possono essere attivati nelle nostre scuole superiori a discapito di questa distanza?
Mi pare essenziale rinnovare il corpo docente in gran parte formato negli anni 70 ed ancorato ad una concezione della scuola più come agenzia occupazionale che educativa. Qui il discorso diventa complesso: gli istituti tecnici e professionali come sono oggi dovrebbero essere completamente trasformati e diversificati in modo più razionale dell’attuale, lasciando una gran parte delle ore di insegnamento a manager o dirigenti provenienti dal mondo del lavoro.
4.Qual è secondo lei il settore su cui puntare in questo momento e che consiglierebbe di seguire ad un giovane studente?
Consiglierei il settore tecnico o scientifico inserito in un progetto lavorativo, ma anche qui occorre cambiare in profondità il sistema universitario e secondario superiore.
5.La sanità in Emilia Romagna, un tasto dolente: le prime tre cose da fare per rimetterla in sesto
Tasto dolentissimo, innanzitutto occorrerebbe spoliticizzare la gestione della sanità ed affiancare all’assessorato alla sanità regionale comitati di garanzia veramente “terzi” per le nomine dei primari e la selezione dei dirigenti medici. In secondo luogo controllare l’allocazione delle risorse, le modalità d’acquisto dei farmaci e la loro distribuzione ed utilizzare più razionalmente i numerosi presidi ospedalieri costruiti negli ultimi 20 anni ed ora in fase di disattivazione nonostante si siano spesi centinaia di milioni di euro. Infine, maggiore autonomia dalla regione ai policlinici universitari. La piaga dolente rimane comunque la politicizzazione della sanità e la mancanza di un vero pluralismo che renda anche la gestione della sanità veramente competitiva nell’interesse esclusivo e sottolineo “esclusivo” del malato.
6.Siamo un popolo sempre più povero, come vede il welfare dell’Emilia Romagna?
Il Welfare deve essere razionalizzato privilegiando le fasce più deboli della popolazione ed eliminando sacche di privilegio che non hanno più ragione di essere come il servizio sanitario uguale per tutti a prescindere dal reddito. Insisto, inoltre, sulla miriade di società partecipate che costano troppo al contribuente e fondamentalmente sono in gran parte inutili. La cooptazione dei privati poi per come è stata “contrabbandata “dalla sinistra la cd” esternalizzazione dei servizi” in realtà non ha prodotto risparmi in quanto i privati coinvolti spesso appartengono alla cerchia degli amministratori locali e non sempre c’è stata una seria selezione ed un effettivo risparmio delle risorse. Infine, last but not last c’è il problema drammatico degli immigrati extracomunitari che pure debbono essere assistiti dalle esangui casse comunali ed in nome dell’umanità, ma che una dissennata politica della sinistra in questi ultimi anni ha illuso facendo loro credere di essere titolari solo di diritti non di doveri, ed è doloroso dirlo ma un ente locale pur in un quadro generale di assistenza ha un dovere di solidarietà innanzitutto verso i propri concittadini, anche se bisogna evitare di scatenare guerre tra poveri.