Ad una prima lettura,i provvedimenti contenuti nella legge di stabilità appaiono insufficienti per affrontare la terapia d’urto della quale il paese ha bisogno e sono frutto di estenuanti mediazioni al ribasso (non me ne vogliano gli estensori) fra PD e PDL per mantenere in piedi, costi quel che costi l’attuale governo di larghe intese.Non basta dire come ha affermato il premier Letta che “non si è aumentata la pressione fiscale”: occorreva invece abbassarla notevolmente colpendo, in primis, i centri di spesa improduttivi e clientelari che sono ancora presenti nello stato e nelle regioni. Che dire del nuovo tributo TRISE che prenderà il posto dell’IMU? I tagli alla sanità prima annunciati e poi ritirati, sono l’esempio lampante di un modo di procedere incerto, allarmato di fronte alle reazioni dell’opinione pubblica ed incapace di assumersi precise responsabilità. La stabilità fine a se stessa non basta più, con buona pace del Presidente della Repubblica il cui attivismo eccessivo mi suscita qualche preoccupazione. Sia ben chiaro, non si tratta di colpire i livelli essenziali di assistenza che debbono essere salvaguardati assolutamente, ma di effettuare un controllo preciso su spese inutili ed incontrollate (spesso clientelari) delle regioni, a costo di condizionarne l’autonomia che non può essere invocata per garantire l’arbitrio ed in qualche caso l’illegalità. La stessa pressione fiscale apparentemente non toccata dal provvedimento in questione, ha raggiunto livelli intollerabili per tutti ed in particolare per piccoli e medi operatori economici oltre che per i professionisti; sovente vengono contratti mutui con gli istituti di credito non per investimenti ma per pagare le tasse !!!! Un amico libero professionista mi ha detto che sul totale del fatturato, fra tasse locali e nazionali, INPS ed altro paga il 60% di tasse! Non parlo poi del poco che è destinato all’innovazione tecnologica delle imprese e della mancata riforma della Pubblica Amministrazione o della semplificazione burocratica essenziale per attirare capitali dall’estero. Mi rendo conto che non è facile dall’oggi al domani riformare lo stato ed una concezione di welfare assistenziale che in questi anni ha dilatato a dismisura le proprie funzioni, alimentando spesso un ceto amministrativo parassitario, ed ammetto che qualcosa è’ stato fatto, ma occorre invertire la rotta anche rischiando tensioni sociali, infatti è a rischio il FUTURO DEL PAESE! Ora un governo che si base sull’apporto determinante della sinistra legata a doppio filo alle corporazioni sindacali ed alle burocrazie degli enti locali,non potrà mai porre in essere le riforme strutturali delle quali il paese ha disperatamente bisogno ed in questo la mancata definizione delle “coperture economiche”dei provvedimenti contenuti nella legge di stabilità sono emblematiche. Occorre una svolta vera e propria,e soltanto un governo con una maggioranza solida e compatta, potrà attuarla.