I risultati sconfortanti di Imola debbono indurre il Pdl bolognese e, stante la dimensione della città, anche regionale, ad una ampia riflessione “autocritica”sulle proporzioni di una sconfitta “forse troppo preannunciata”che non può trovare giustificazione nè nelle pur valide considerazioni sul sistema di potere locale della sinistra e del mondo cooperativo DA SEMPRE CONDIZIONANTE OGNI ASPETTO DELLA VITA SOCIALE LOCALE nè nell’astensionismo che da sempre penalizza il centrodestra. Occorre dirlo con franchezza, sia l’intero gruppo dirigente PDL che il suo responsabile provinciale (la cui reazione scomposta a mie considerazioni la dice lunga sull’immaturita’ di un certo ceto politico) hanno mancato di una visione attenta alla sensibilità della gente comune ed alla storia locale (imperniata in modo totale sul PCI e le sue trasformazioni successive), per come si è’ manifestata in questi anni(si potrebbe dire dal dopoguerra) conducendo una campagna elettorale di ” pura difesa di posizioni acquisite” senza nemmeno tentare il recupero di fascie di elettori scontenti del centrosinistra, per non parlare di quelli di centrodestra, candidando una persona sicuramente rispettabile ed impegnata, ma impossibilitata per la sua storia politica a convincere l’elettorato sulla realtà di un’alternativa al tradizionale sistema di potere della sinistra. La vicenda di Imola per le dimensioni della città, la sua importanza economica ed il tessuto cooperativo notevolmente sviluppato che la caratterizza, riguarda però (come dicevo all’inizio) l’intero centrodestra Emilano Romagnolo che rischia l’estinzione o la totale marginalità politica, pur in presenza,ed in questo sta il paradosso, di un PD sempre più dilaniato da lotte di correnti o di potere, privo di un reale controllo da parte delle opposizioni; quanto sopra chiama in causa anche il coordinamento nazionale al quale nei mesi scorsi inviai alcune mie preoccupate riflessioni sullo stato del partito in Emilia Romagna – che non può non farsi carico in modo pressante dei problemi delle”regioni rosse”, aiutandoci a trovare gli strumenti culturali ed organizzativi per comprendere l’inquietudine di questa nostra società, la sua richiesta di novità che non riusciamo ad esaudire da soli ed anche il “bisogno di legalità nell’amministrazione della cosa pubblica” sovente disatteso da chi ha responsabilità di controllo in nome di una “diversità” della nostra regione da altre che presentano sicuramente aspetti più degradanti e drammatici ma non assolvono per questo un sistema di potere veramente asfissiante e troppo condizionante. Si tratta di intraprendere una rivisitazione della nostra tradizionale impostazione culturale, rimanendo, è ovvio, radicalmente alternativi alla sinistra; ma quale sinistra verrebbe da chiedersi ! senza cercare capri espiatori -sarebbe troppo facile- anche perchè la flessione elettorale del PDL è generalizzata a livello nazionale (ed al riguardo condivido la richiesta dell’on Cicchitto di una riflessione seria sul futuro del partito a livello nazionale) ma avviando al nostro interno un dibattito serio ed approfondito che arrivi a qualche conclusione coraggiosa che prescinda dal destino personale delle persone coinvolte.