Molti amici mi scrivono a proposito dell’attuale situazione economica del paese, lamentando non solo la pesantissima pressione fiscale che lo sta distruggendo, ma anche la presunta responsabilità dei governi di centrodestra del passato, che non l’hanno contrastata efficacemente. Sicuramente ci sono state inefficienze e un po’ più di coraggio sarebbe stato necessario, anche se gli unici veri tentativi di ridurre l’invadenza dello stato sono stati posti in essere dai governi Berlusconi, condizionati però, è bene ricordarlo, dai pesanti debiti pubblici degli esecutivi precedenti e da una sorta di consociativismo “distributivo” trasversale ai partiti nonché dai timori di scatenare “incontrollabili conflitti sociali”. Ma il punto dirimente e’ un altro: per riformare veramente questo stato sia dal punto di vista istituzionale che sociale e culturale abbattendo rendite di posizione diffusissime, sprechi ed un apparato pubblico pletorico,statale,regionale e comunale, uscendo da “una falsa concezione di stato sociale” che ha spesso confuso l’equità con lo sperpero, occorre una MAGGIORANZA ben definita ed OMOGENEA non certo l’attuale governo di larghe intese condizionato da una sinistra ancorata ancora ad una concezione del lavoro e del Welfare superata dalla storia e dalla trasformazione del paese. E’evidente che un governo deciso a modificare radicalmente la configurazione del nostro paese deve scontare periodi di impopolarità ed il rischio di duri scontri sociali, ma il bene del paese richiede questo coraggio correlato a scelte apparentemente impopolari ma LUNGIMIRANTI ;l’esempio mai abbastanza citato della Thatcher che riuscì a “raddrizzare”l’economia britannica a prezzo di duri scontri con il sindacato (le famose “Trade Unions”) e con ambienti dell’establishment oltre che con il partito laburista, è ancora assolutamente attuale e dimostra che le vere riforme strutturali all’inizio non sono mai popolari ma alla lunga fanno bene al paese. La timida ma significativa ripresa della Spagna con il governo di centrodestra di Racoy dovrebbe pure insegnare qualcosa ai nostalgici di governi di unità nazionale!