Nel panorama desolante della politica emiliano romagnola, con un candidato presidente PD dato praticamente vincente, a fronte di un centrodestra purtroppo in affanno, permangono anzi sono più che mai valide a mio modo di vedere, le ragioni di una netta alternativa al sistema di potere costruito in questi anni dalla sinistra pur divisa al suo interno, ma unita nella gestione del potere. In questo senso ritengo ineludibili alcune priorità programmatiche che sottopongo innanzitutto al candidato del centrodestra ma che dovrebbero riguardare anche gli altri 2 candidati, PD e 5 Stelle. Se vogliamo inaugurare una nuova fase politica per la nostra regione non possiamo sottrarci a dare risposta a questi quesiti sui quali ho registrato un’ampia convergenza di amici e simpatizzanti del centro destra ma non solo, e che comunque intendo attuare con il progetto de “La Bologna che c’è” .
1)Lavoro: di fronte alla disoccupazione crescente ed alla crisi delle piccole e medie imprese, è entrato in crisi il modello emiliano basato su un’integrazione fra varie realtà ed al riguardo il dato allarmante è costituito dalla fragilità di un sistema produttivo non sempre consapevole dei nuovi meccanismi di sviluppo. Checche’ ne dicano i dirigenti del PD solo le associazioni di categoria forniscono agli aderenti un qualche “supporto innovativo”.
2)La crisi del sistema cooperativo investe il comprensorio imolese e l’area modenese e reggiana con conseguenze negative sull’indotto e sull’occupazione. Il rapporto fra regione, enti locali e sistema cooperativo rimane comunque ben stretto e la regione deve affrontare l’emergenza economica trattando l’impresa privata e la cooperazione su un piano di parità.
3)Rapporto scuola formazione professionale e mondo del lavoro: nell’ambito delle competenze regionali, molto limitate, occorrerebbe favorire una più stretta cooperazione fra aziende ed istituti tecnici con la collaborazione della direzione scolastica regionale. Permane l’annosa questione del diritto allo studio e della sua mancata applicazione in Emilia Romagna ed in questo contesto vanno affrontate le problematiche connesse “agli asili nido e scuole materne“.
4)Ruolo della regione e dell’ente locale nella difesa della nostra tradizione culturale ed identità, è a rischio come non mai per effetto, di una politica posta in essere in questi anni dalla sinistra di falsa integrazione fatta di soli diritti e non di doveri. In Emilia Romagna l’extracomunitario non è per niente consapevole di far parte di una realtà che ha proprie leggi ed una storia che vanno rispettate ed accettate. Si potrebbe parlare di un’integrazione “rovesciata”.
5)Crisi del policentrismo Emiliano romagnolo sia per quanto riguarda il sistema fieristico che quello aeroportuale. Di fronte all’aggregazione ad es Firenze Pisa, cosa intende fare il Marconi di Bologna? In ogni caso l’area metropolitana di Bologna deve avere un ruolo trainante “nell’interesse di tutta la regione”.
6)Welfare: l’ente locale e la regione non riescono più a far fronte agli enormi problemi economici posti dall’aumento della popolazione anziana e degli anziani non autosufficienti spesso a carico delle famiglie che sopportano costi enormi. Rasssicurando l’opinione pubblica sul fatto che il welfare non sarà “smantellato “dal centrodestra, (bisogna essere chiari su questo punto perché la propaganda della sinistra da sempre ci dipinge come nemici dell’intervento pubblico) dobbiamo definire nuove modalità di intervento del settore pubblico coinvolgendo in un quadro di regole certe anche “il privato Tout court ed il privato sociale”.
7)Sanità: di fronte all’incidenza della voce sanità nel bilancio regionale (quasi i due terzi) occorre ripensare un modello di assistenza universale garantito a tutti, che eviti gli sperperi che coinvolga a livello di prestazioni anche il privato, sulla base di una ridefinizione del concetto di “accreditamento” delle strutture private presenti sul territorio, favorendo la crescita di nuove evitando ovviamente finalità speculative. Il tutto, nell’ottica di una sana competizione e una regolamentazione all’insegna dell’interesse del cittadino e del malato.
Tali regole debbono valere anche e soprattutto per la selezione del personale medico a livello dirigenziale e non solo (le commissioni ad hoc previste dalla legge nazionale per garantire trasparenza non funzionano) ed in questo contesto si inserisce la vexata quaestio della politicizzazione della sanità nella nostra regione.
Accennerei anche al problema dei rapporti fra regione, facoltà di Medicina e chirurgia e policlinici universitari dicendo un chiaro no alle continue interferenze della giunta regionale nella nomina dei principali dirigenti. Infine, lo spreco delle risorse determinato da investimenti di milioni e milioni di euro negli anni 90 per la costruzione di nuovi ospedali in gran parte disattivati, non può essere sottaciuta, si pensi che solo nell’area bolognese San Giovanni in Persiceto, Porretta, Vergato e Budrio sono costati più di 150 milioni di euro! Oggi sono ridotti, praticamente, a mega ambulatori.
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1)Lavoro: di fronte alla disoccupazione crescente ed alla crisi delle piccole e medie imprese, è entrato in crisi il modello emiliano basato su un’integrazione fra varie realtà ed al riguardo il dato allarmante è costituito dalla fragilità di un sistema produttivo non sempre consapevole dei nuovi meccanismi di sviluppo. Checche’ ne dicano i dirigenti del PD solo le associazioni di categoria forniscono agli aderenti un qualche “supporto innovativo”.
2)La crisi del sistema cooperativo investe il comprensorio imolese e l’area modenese e reggiana con conseguenze negative sull’indotto e sull’occupazione. Il rapporto fra regione, enti locali e sistema cooperativo rimane comunque ben stretto e la regione deve affrontare l’emergenza economica trattando l’impresa privata e la cooperazione su un piano di parità.
3)Rapporto scuola-formazione professionale – mondo del lavoro: nell’ambito delle competenze regionali, molto limitate, occorrerebbe favorire una più stretta cooperazione fra aziende ed istituti tecnici con la collaborazione della direzione scolastica regionale. Permane l’annosa questione del diritto allo studio e della sua mancata applicazione in Emilia Romagna ed in questo contesto vanno affrontate le problematiche connesse “agli asili nido e scuole materne“.
4)Ruolo della regione e dell’ente locale nella difesa della nostra tradizione culturale ed identità, è a rischio come non mai per effetto, di una politica posta in essere in questi anni dalla sinistra di falsa integrazione fatta di soli diritti e non di doveri. In Emilia Romagna l’extracomunitario non è per niente consapevole di far parte di una realtà che ha proprie leggi ed una storia che vanno rispettate ed accettate. Si potrebbe parlare di un’integrazione “rovesciata”.
5)Crisi del policentrismo Emiliano romagnolo sia per quanto riguarda il sistema fieristico che quello aeroportuale. Di fronte all’aggregazione ad es Firenze Pisa, cosa intende fare il Marconi di Bologna? In ogni caso l’area metropolitana di Bologna deve avere un ruolo trainante “nell’interesse di tutta la regione”.
6)Welfare: l’ente locale e la regione non riescono più a far fronte agli enormi problemi economici posti dall’aumento della popolazione anziana e degli anziani non autosufficienti spesso a carico delle famiglie che sopportano costi enormi. Rasssicurando l’opinione pubblica sul fatto che il welfare non sarà “smantellato “dal centrodestra, (bisogna essere chiari su questo punto perché la propaganda della sinistra da sempre ci dipinge come nemici dell’intervento pubblico) dobbiamo definire nuove modalità di intervento del settore pubblico coinvolgendo in un quadro di regole certe anche “il privato Tout court ed il privato sociale”.
7)Sanità: di fronte all’incidenza della voce sanità nel bilancio regionale (quasi i due terzi) occorre ripensare un modello di assistenza universale garantito a tutti, che eviti gli sperperi che coinvolga a livello di prestazioni anche il privato, sulla base di una ridefinizione del concetto di “accreditamento” delle strutture private presenti sul territorio, favorendo la crescita di nuove evitando ovviamente finalità speculative. Il tutto, nell’ottica di una sana competizione e una regolamentazione all’insegna dell’interesse del cittadino e del malato.
Tali regole debbono valere anche e soprattutto per la selezione del personale medico a livello dirigenziale e non solo (le commissioni ad hoc previste dalla legge nazionale per garantire trasparenza non funzionano) ed in questo contesto si inserisce la vexata quaestio della politicizzazione della sanità nella nostra regione.
Accennerei anche al problema dei rapporti fra regione, facoltà di Medicina e chirurgia e policlinici universitari dicendo un chiaro no alle continue interferenze della giunta regionale nella nomina dei principali dirigenti. Infine, lo spreco delle risorse determinato da investimenti di milioni e milioni di euro negli anni 90 per la costruzione di nuovi ospedali in gran parte disattivati, non può essere sottaciuta, si pensi che solo nell’area bolognese San Giovanni in Persiceto, Porretta, Vergato e Budrio sono costati più di 150 milioni di euro! Oggi sono ridotti, praticamente, a mega ambulatori.
1)Lavoro: di fronte alla disoccupazione crescente ed alla crisi delle piccole e medie imprese, è entrato in crisi il modello emiliano basato su un’integrazione fra varie realtà ed al riguardo il dato allarmante è costituito dalla fragilità di un sistema produttivo non sempre consapevole dei nuovi meccanismi di sviluppo. Checche’ ne dicano i dirigenti del PD solo le associazioni di categoria forniscono agli aderenti un qualche “supporto innovativo”.
2)La crisi del sistema cooperativo investe il comprensorio imolese e l’area modenese e reggiana con conseguenze negative sull’indotto e sull’occupazione. Il rapporto fra regione, enti locali e sistema cooperativo rimane comunque ben stretto e la regione deve affrontare l’emergenza economica trattando l’impresa privata e la cooperazione su un piano di parità.
3)Rapporto scuola formazione professionale e mondo del lavoro: nell’ambito delle competenze regionali, molto limitate, occorrerebbe favorire una più stretta cooperazione fra aziende ed istituti tecnici con la collaborazione della direzione scolastica regionale. Permane l’annosa questione del diritto allo studio e della sua mancata applicazione in Emilia Romagna ed in questo contesto vanno affrontate le problematiche connesse “agli asili nido e scuole materne“.
4)Ruolo della regione e dell’ente locale nella difesa della nostra tradizione culturale ed identità, è a rischio come non mai per effetto, di una politica posta in essere in questi anni dalla sinistra di falsa integrazione fatta di soli diritti e non di doveri. In Emilia Romagna l’extracomunitario non è per niente consapevole di far parte di una realtà che ha proprie leggi ed una storia che vanno rispettate ed accettate. Si potrebbe parlare di un’integrazione “rovesciata”.
5)Crisi del policentrismo Emiliano romagnolo sia per quanto riguarda il sistema fieristico che quello aeroportuale. Di fronte all’aggregazione ad es Firenze Pisa, cosa intende fare il Marconi di Bologna? In ogni caso l’area metropolitana di Bologna deve avere un ruolo trainante “nell’interesse di tutta la regione”.
6)Welfare: l’ente locale e la regione non riescono più a far fronte agli enormi problemi economici posti dall’aumento della popolazione anziana e degli anziani non autosufficienti spesso a carico delle famiglie che sopportano costi enormi. Rasssicurando l’opinione pubblica sul fatto che il welfare non sarà “smantellato “dal centrodestra, (bisogna essere chiari su questo punto perché la propaganda della sinistra da sempre ci dipinge come nemici dell’intervento pubblico) dobbiamo definire nuove modalità di intervento del settore pubblico coinvolgendo in un quadro di regole certe anche “il privato Tout court ed il privato sociale”.
7)Sanità: di fronte all’incidenza della voce sanità nel bilancio regionale (quasi i due terzi) occorre ripensare un modello di assistenza universale garantito a tutti, che eviti gli sperperi che coinvolga a livello di prestazioni anche il privato, sulla base di una ridefinizione del concetto di “accreditamento” delle strutture private presenti sul territorio, favorendo la crescita di nuove evitando ovviamente finalità speculative. Il tutto, nell’ottica di una sana competizione e una regolamentazione all’insegna dell’interesse del cittadino e del malato.
Tali regole debbono valere anche e soprattutto per la selezione del personale medico a livello dirigenziale e non solo (le commissioni ad hoc previste dalla legge nazionale per garantire trasparenza non funzionano) ed in questo contesto si inserisce la vexata quaestio della politicizzazione della sanità nella nostra regione.
Accennerei anche al problema dei rapporti fra regione, facoltà di Medicina e chirurgia e policlinici universitari dicendo un chiaro no alle continue interferenze della giunta regionale nella nomina dei principali dirigenti. Infine, lo spreco delle risorse determinato da investimenti di milioni e milioni di euro negli anni 90 per la costruzione di nuovi ospedali in gran parte disattivati, non può essere sottaciuta, si pensi che solo nell’area bolognese San Giovanni in Persiceto, Porretta, Vergato e Budrio sono costati più di 150 milioni di euro! Oggi sono ridotti, praticamente, a mega ambulatori.
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