A settant’anni dall’armistizio sono ancora tante le ombre da dissipare

 

8 settembre 1943: l'Italia esce dalal Guerra

La notizia dell'Armistizio in un giornale d'epoca

8 Settembre 1943: sono passati ormai settant’anni da quando il governo Badoglio firmò l’armistizio con gli alleati;tutti i giornali e gli storici evidenziano l’abbandono totale in cui il governo e gli alti gradi delle forze armate lasciarono allo sbando,senza ordini precisi l’esercito e la marina, preoccupandosi di fuggire al sud per evitare la vendetta nazista. Giustamente la storica E.Aga Rossi nel suo libro “UNA NAZIONE ALLO SBANDO”(pur con alcune forzature) evidenzia l’incapacita’ e la codardia della classe dirigente subentrata al fascismo (si fa per dire, perché era largamente compromessa con il regime) per non parlare della monarchia ed in particolare di Vittorio Emanuele III, che nonostante il coraggio personale dell’allora principe Umberto,con il suo atteggiamento anche in quella occasione decretò la propria fine. Prendo spunto da  questa ricorrenza che significò anche l’inizio della “Resistenza” per ricordare che questa non fu combattuta solamente dai partigiani comunisti o di sinistra, ma da settori consistenti dell’esercito italiano che per fedeltà alla Patria ed al giuramento al Re si opposero ai Tedeschi sacrificando in molti casi la propria  vita. L’apporto dei militari italiani alla lotta di liberazione in questi anni è stato volutamente sottovalutato dalla storiografia ufficiale, in maggioranza di sinistra, per valorizzare esclusivamente l’impegno delle forze marxiste, tacendo od attenuando l’impegno determinante delle forze armate nella lotta di liberazione ed aggiungo io di settori notevoli del clero, dell’episcopato e del laicato cattolico che aiutarono e salvarono numerose vite,esponendosi in prima persona e facendo opera di mediazione fra  opposte fazioni. Nel dire questo non si può tacere l’impegno personale profuso da Pio XII che aprì le porte dei conventi e degli edifici ecclesiastici a tutti i perseguitati dando un esempio chiaro di ciò che si dovesse fare, a tanti sacerdoti impegnati in prima linea. La mitologia della Resistenza è dura  a morire in quanto in questi anni,lo dico sine ira et studio, è servita alla legittimazione del PCI a livello nazionale, ma mi pare opportuno ricordare che i partigiani comunisti combatterono il nazifascismo non certo per ripristinare la libertà, ma per instaurare un regime dittatoriale come quello vigente in URSS; questo è il grosso equivoco della Resistenza Italiana che si perpetua ancora oggi:immaginare una resistenza di popolo e formazioni partigiane unite dai medesimi ideali di libertà e concezioni della democrazia. Senza nulla togliere all’impegno di quei partigiani “comunisti” che si batterono contro i Tedeschi, molto più credibili mi paiono quei militari che per senso patrio o quei sacerdoti per spirito evangelico e caritatevole rischiarono la vita per affermare gli ideali di libertà e tolleranza.