Iscrivere i figli nelle scuole private secondo le nuove modalità che adotterà l’agenzia delle entrate contro l’evasione, è indice di ricchezza

In un’interpellanza al Governo ho posto il problema delle nuove modalità, ampiamente pubblicizzate nei telegiornali di oggi, che l’ agenzia delle entrate adotterà per frenare l’evasione e sulla ingiusta collocazione, nell’ambito delle situazioni meritevoli di controlli fiscali, di quella riferita all’ iscrizione dei figli in scuole private.
Si tratta dell’ennesima concezione statalistica e prevaricatrice di marca giacobina nei confronti del pluralismo educativo; al riguardo ricordo che esiste la Legge n. 62 del 2000 a firma Berlinguer che ha riconosciuto un sistema scolastico pubblico integrato formato da scuole statali e non e basato sulla compresenza di modelli formativi diversi.
“La decisione delle famiglie di iscrivere i propri figli nelle scuole paritarie non costituisce un privilegio per ricchi ma, a mio avviso, corrisponde alla libertà di scelta, da parte delle famiglie, delle scuole da far frequentare ai figli più confacenti alla loro impostazione ideale, provocando alle medesime notevoli sacrifici economici che in molti casi non sono indice di ricchezza.
Le scuole paritarie e mi riferisco nello specifico ad istituti e scuole presenti nelle nostre regioni, le quali rappresentano un elemento fondamentale della cultura italiana, basti pensare a quelle gestite da ordini religiosi, sono investite da una grave crisi determinata dalla perdurante incertezza sulla definizione ed assegnazione delle necessarie risorse economiche da parte dello Stato, dopo l’annuncio dell’agenzia delle entrate rischiano di subire un drastico calo di iscritti e conseguentemente di sparire privando i cittadini italiani di un servizio pubblico essenziale che spesso e mi riferisco soprattutto le scuole materne e primarie si sostituisce allo Stato che in determinate realtà territoriali è completamente assente.
Per questi motivi ho chiesto al Governo di modificare le linee direttive dell’ agenzia delle entrate per quanto riguarda le scuole paritarie ingiustamente chiamate private,le quali svolgono una funzione pubblica.