Il fondamentale principio della “terzietà” del giudice

terzieta_giudiciIn riferimento alle recenti candidature di autorevoli esponenti della magistratura nelle liste della sinistra, e dalla presa di posizione del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura circa l’inopportunità delle medesime, rilevo che in data 19 Dicembre 2012 ho presentato la proposta di legge in materia di ineleggibilità dei magistrati alle cariche elettive e di governo nazionali e locali. In essa vi è sottolineata e ribadita l’importanza che il giudice, con il proprio essere “terzo” rispetto alle parti del giudizio, assicuri che nessuna passione, nessun pregiudizio, nessun interesse personale verrà ad interferire nella pronunzia destinata a rendere a ciascuno il suo, attraverso l’applicazione imparziale delle leggi che la comunità si è data per regolare ordinatamente la propria esistenza. L’importanza della terzietà del giudice è materia anche di diritto internazionale e, come sottolineo nella mia proposta di legge, mi riferisco alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, che all’articolo 10 sancisce il diritto di ogni individuo a «un’equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta». La terzietà del giudice non deve concepirsi soltanto nei riguardi degli interessi privati e individuali, ma anche – e forse più ancora – nei riguardi delle posizioni ideologiche, degli interessi politici, delle tendenze di parte, che possono interferire in modo assai più grave e devastante sull’esercizio della giurisdizione. Il nocciolo della mia proposta di legge è che il magistrato così come non può farsi legislatore nel momento stesso in cui applica la legge – non può entrare nelle contese politiche aspirando a esprimere e rappresentare interessi – pur legittimi e magari nobili – di una parte o di un partito, e inoltre il magistrato in servizio non può candidarsi a una carica elettiva né assumere una funzione di governo, nazionale o locale, se prima non abbia rinunziato definitivamente alla funzione giurisdizionale, e prevede che tra la cessazione dalle funzioni e la candidatura o l’assunzione dell’incarico di governo debba intercorrere un appropriato intervallo temporale. Conseguentemente all’importanza della terzietà della magistratura come ho enunciato sotto diversi aspetti e alle candidature di esponenti della medesima, sarebbe stato opportuno anche un richiamo preciso e severo del capo dello stato contro questa prassi che delegittima tutte le istituzioni ed in particolare mina la fiducia dei cittadini nella amministrazione della giustizia, la quale necessita di imparzialità e obbiettività di giudizio nella personalità e nell’intera forma mentis del giudice.