Egregio Signor Presidente,
anche in riferimento alla precedente missiva inviata a codesta commissione e all’attenzione del Presidente che l’ha preceduta in data 22 marzo 2012 in cui il sottoscritto richiedeva una visita a Bologna della commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario per verificare una situazione generale piuttosto anomala ed un eccesso di politicizzazione che ha prodotto effetti dannosi per la sanità emiliano romagnola, il sottoscritto fa presente che dal momento dell’inoltro della richiesta sono subentrati altri elementi di particolare gravità che si allegano alla presente e sui quali si chiede di far luce.
Tali ulteriori fatti giustificano pienamente il senso della richiesta che il sottoscritto rivolge in nome di un principio di rispetto della legge e dell’UGUAGLIANZA di tutti i cittadini di fronte alla medesima, pur ribadendo che da parte mia non si intende mettere in discussione il sistema sanitario regionale nella sua globalità bensì alcune deviazioni ed errori che non possono però essere accettati: si fa riferimento in particolare alla situazione dell’Ospedale Maggiore principale nosocomio della città di Bologna e ad alcune disfunzioni organizzative ivi presenti; utilizzo in modo non sempre appropriato dei posti letto di degenza attraverso un meccanismo denominato “cruscotto” per sopperire alle croniche carenze di posti letto nei reparti di area medica.
Il “cruscotto” è un sistema che prevede il ricovero in reparti diversi da quello a cui il paziente dovrebbe essere destinato. Questo determina l’occupazione di posti letto anche delle U.O. di chirurgia da parte di pazienti con ben altre patologie (non chirurgiche) determinando anche una sotto utilizzazione delle sale operatorie (che in alcuni casi ha già evocato una interrogazione regionale) proprio per la mancanza di posti letto destinati ai pazienti in attesa di intervento.
Tutto questo comporta inevitabilmente un allungamento delle famigerate Liste di Attesa, talvolta anche per interventi chirurgici gravi e conseguente ricorso da parte dei pazienti a case di cura private ove per altro esercitano proprio alcuni dirigenti chirurghi del Maggiore.
Qual’è inoltre il destino delle realtà cosiddette di periferia vista la tendenza della direzione AUSL a concentrare servizi più del dovuto ?
Si ricorda che sono stati fatti investimenti importanti e significativi con creazione ad esempio di un nuovo ospedale quale quello di Porretta (milioni e milioni di euro di spesa) per soddisfare le maggiori esigenze degli utenti e da più di un anno tale ospedale vive quasi uno stato di abbandono (il posto di primario in chirurgia è vacante da tempo con una gestione attuale di questa U.O. che vede un aumento della mortalità e una percentuale di occupazione dei posti letto sempre più bassa) con progressiva smobilitazione dei servizi ivi locati. Per altro la stessa chirurgia di Vergato destinata alla chiusura ha visto effettuare 1 solo ricovero in 6 mesi senza che una tale aspetto sia stato rilevato dal sindaco Focci che in passato ha presentato una ben maggiore sensibilità ed attenzione per le esigenze della popolazione.
Per quanto riguarda proprio il significato e ruolo del Dipartimento, cosa si nasconde dietro l’accentramento di potere dell’attuale direttore del Dipartimento chirurgico della AUSL di Bologna?
Infatti il Direttore di dipartimento concentra nelle sue mani tutta la chirurgia ospedaliera, ottocento dipendenti tra medici e infermieri.
Il Direttore di un dipartimento dovrebbe essere nominato dal Direttore Generale che lo sceglie da una terna eletta dal Comitato di dipartimento, organo di governo, formato dai primari e dalle caposala delle Unità Operativa afferenti al Dipartimento, e non restare in carica dopo due mandati.
Questo sembra non succedere in questa Azienda, in quanto tutti i Direttori di Dipartimento sono nominati dal DG non per rappresentare l’anello di congiunzione, come dovrebbe essere, tra i clinici e la DG, ma solo per passare dall’alto in basso le proprie strategie senza lo strumento del confronto.
Secondo gli interessi del DG di cui sono una “longa manus” e degli “yes men”. Questo è uno dei principali problemi del Dipartimento Chirurgico dell’AUSL di Bologna, che forse non avrebbe certo espresso l’attuale Direttore di dipartimento (come decisione del comitato di dipartimento ed espressione del gradimento dei clinici) se le cose si fossero fatte tenendo conto delle legittime esigenze dei clinici. Si specifica che il dipartimento dell’AUSL comprende tutte le attività chirurgiche di tutti gli ospedali dell’AUSL ed è così ripartito:
- Area delle Chirurgie Generali, a cui appartengono le seguenti Unità Operative: UOC Chir Porretta-Vergato, UOC Bazzano, UOC Bentivoglio, UOC Budrio, UOC San Giovanni, UOC chir A Ospedale Maggiore (primario Jovine), UOC chir B Ospedale Maggiore, Gastroenterologia Ospedale Maggiore- ospedale Bellaria, UO Semplice Dipartimentale Metropolitana.
- Area Chirurgie specialistiche, a cui appartengono le seguenti Unità Operative: Urologia Maggiore, Otorino Maggiore, Chirurgia Vascolare Maggiore, Otorino area metropolitana, Urologia San Giovanni, Oculistica Maggiore, Chirurgia maxillo-facciale Bellaria.
In pratica sono 15 Unità Complesse e una Unità Semplice Dipartimentale, che sono una enormità per un Dipartimento, in nessuna altra Azienda c’è una complessità simile. Per dirigere una struttura dipartimentale del genere ci vorrebbe un Direttore di dipartimento dedicato a tempo pieno, invece ce né uno che è impegnato come primario a S.Marino (dietro compenso cospicuo), a Villa Toniolo per l’attività libero professionale (che svolge anche al reparto paganti del Maggiore), è direttore della chirurgia A e della chirurgia d’urgenza del Maggiore e anche a Porretta, a Vergato e al Rizzoli.
Tutto a fronte di una direzione dipartimentale che, latitante, non utilizza in modo appropriato gli strumenti di governo (vedi comitati di dipartimento ben poche volte indetti).
Si ricorda inoltre che un direttore di dipartimento dovrebbe essere in carica per quattro anni (la carica è rinnovabile solo una volta), questo lo è da otto anni (terzo mandato!!!), e risulta che già dall’inizio del 2004, cominciò, secondo quanto ribadito al sottoscritto da sanitari del nosocomio in questione e riportato anche in alcune interviste ed articoli di stampa fra cui un articolo del 16 settembre 2012 riportato dal Resto del Carlino, ad avere rapporti conflittuali con tutti i chirurghi generali dell’AUSL vietando loro di fare determinati tipi di intervento, pur essendone loro capaci (ed avendo avuto risultati positivi), e impedendo al primario della Gastroenterologia di inviare a loro pazienti da operare. Le angherie, i divieti, le sopraffazioni e le intimidazione sono andate crescendo nel tempo. Ci si chiede se l’attuale direttore sarà rinnovato a vita e alla luce di quali risultati ottenuti dal dipartimento chirurgico.
Nessuno degli altri primari ha ritenuto opportuno segnalare questi metodi, infatti il primario della U.O di Gastroenterologia, che ha osato qualche timida replica, si è ritrovato, solo un mese fa, con la soppressione della U.O da lui diretta ed in pratica senza più il posto.
Giunge voce inoltre di un perenne stato di tensione registratosi nel reparto del capo dipartimento di chirurgia che sarebbe sfociato in uno scontro fisico fra un suo dirigente medico e la caposala con accesso di quest’ultima in Pronto Soccorso per le cure del caso.
A ciò si aggiungono dubbi sul comportamento professionale.
Pare infatti che i casi di “malpractice” presso la Chirurgia A del Maggiore siano numerosi, abilmente mascherati, e sino ad ora non risulta che sia stata fatta una sola segnalazione di evento avverso, come vorrebbero le disposizioni, mentre la percentuale di re intervento pare doppia rispetto a quella riportata in letteratura (15-20% contro 7-9%) e sembra con un aumento della mortalità vicino al 50% registrata negli ultimo sei mesi ed al riguardo ho chiesto al governo una precisa verifica, cosa richiesta anche in consiglio regionale dell’Emilia Romagna.
Mi sono noti almeno 19 casi in questi ultimi sei mesi quanto meno dubbi sulle modalità di gestione e cura dei malati di cui per rispetto e per la privacy non è possibile rendere pubblico ma di cui si chiederà chiarimento alla azienda stessa allo scopo di salvaguardare il diritto ad un adeguato trattamento sanitario di cui tutti i cittadini hanno diritto e di cui in passato la sanità bolognese è stato esempio virtuoso.
Infine, recentemente, con un atto di sindacato ispettivo ho chiesto anche al governo una valutazione ed un eventuale intervento nell’ottica della tutela dei livelli essenziali di assistenza che non possono essere pregiudicati in nome delle competenze regionali, trattandosi di tutelare un bene essenziale quale la salute dei cittadini.
Certo di un vostro intervento, vi saluto cordialmente.
Onorevole Fabio Garagnani, deputato Pdl Bologna